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      Chi mi deplorava? Lo ignoro.
      Il vicario benedisse lo scapolare, ed offertomelo di propria mano, me l’indossai. Quindi mi prosternai dinanzi alla badessa. M’avevano spogliata dell’abito secolare: dovevano pur togliermi la chioma. Le monache strinsero in una sola treccia i miei lunghi capelli, e la badessa impugnò delle grandi forbici per reciderla, mentre un silenzio profondo regnava intorno.
      Una voce potente, uscita da mezzo i convitati, gridò:
      «Barbara, non tagliare i capelli a quella ragazza!».
      Tutti si volsero: bisbigliarono di un pazzo. Era un membro del Parlamento inglese.
      I preti imposero silenzio, e le monache, le quali in altre simili funzioni avevano veduto de’ protestanti, dissero alla superiora, ch’era rimasta colla mano sospesa, stringendo le forbici:
      «Tagliate! È un eretico».
      La chioma cadde, e presi il velo.
     
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      XLa professione
     
     
     
     
     
      L’anno del noviziato fu per me un anno di calma, se non voglio dire di morale depressione. Morto il passato, estinto l’avvenire per me; le memorie un vano sogno: le speranze un delitto.
      Strappata agli amici per sempre, disgiunta dai parenti, che m’era lecito rivedere una sola volta al mese, straniera per più ragioni alle stesse compagne del mio carcere, io nondimeno mi trovava, se non contenta, almeno tranquilla. Raccolto, concentrato esclusivamente in se stesso, lo spirito mio si creò poco a poco un secondo monastero dentro il monastero medesimo, dove mi trovava confinata; e nel recinto di quel recondito mio edifizio, ove traeva solitaria vita, ne sarei stata più tranquilla ancora, ancor più felice coi pochi libri, colle mie meditazioni, se le visite dei parenti non m’avessero ogni volta ricordata la perduta libertà, e se le monache col loro triviale cicaleccio, colle loro volgari gelosie non m’avessero resa la reclusione fastidiosa.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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