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      Lettore accorto, traete da per voi solo le applicazioni pratiche di tale dottrina!
      Pretendono eziandio i preti, che qualunque grazia si richieda in quel momento, Iddio è forzato a concederla. Domandai due grazie in quel momento: il sentimento salutare della mia vocazione monastica, ed il risanamento della povera Giuseppina. Non ottenni né l’una né l’altra. Giuseppina passò, di lì a poco, a miglior vita, ed io col tempo mi diedi in preda alla disperazione.
      Parlando delle dottrine dei confessori nell’interno del monastero, non passerò in silenzio una pratica di espiazione, alla quale le monache di San Gregorio attribuiscono infallibile virtù. Havvi al lato destro del comunichino una scala magnifica di marmo, chiamata la Scala Santa, che è stata l’oggetto di una bolla pontificia. Tutti i venerdì del mese di marzo, la comunità intera, cominciando dalla badessa fino all’ultima conversa, è nell’obbligo di salire quella scala colle ginocchia, recitando una prece ad ogni gradino. Coll’adempimento di questa pratica si guadagna a ciascun passo una nuova indulgenza, insino a che, pervenuta all’alto della scala, sia la monaca purgata completamente da qualunque peccato d’intenzione o di fatto; e ben s’intende che il direttore spirituale del confessionale, interprete della bolla d’indulgenza, non è mai lento ad applicare alla coscienza delle sue penitenti il portentoso Toties Quoties. Laonde, se pel lavacro della professione spariscono tutti indistintamente i peccati commessi durante l’educandato ed il noviziato, la Scala Santa è ancora lì per nettare più volte all’anno il velo da ogni macchiarella avvenuta dal giorno della professione in poi, e sino al limitar della vecchiaia.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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