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      L’infelice, travagliata da vomito e da acerbissime doglie viscerali, stava vicina a perire, senza che alcuna di noi ne penetrasse la causa. Per buona ventura accortosi il medico dell’agente deleterico e praticata una visita minuziosa nella cucina, vi trovò l’olio divenuto verde per un pezzo di rame in esso intinto. I rimedi giunsero opportuni, e la vecchia fu salva.
     
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      Non rifinirei mai, se volessi qui raccontare tutti i tratti d’inumanità che all’insaputa delle leggi dentro i recinti del chiostro impunemente si commettono. Viva tuttora conservasi nella memoria del pubblico napoletano la ricordanza de’ sotterranei scoverti l’anno 1848 nel monastero de’ Gesuiti (evacuato pel loro esilio) e dell’ossuario di neonati rinvenuto in una di quelle orride cripte. Ma io non voglio citar avvenimenti, di cui pur non possa guarentire la realtà; perloché tralascio gli ulteriori esempi, e passo ad altro argomento dì non minor rilievo.
     
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      XIILa povertà e l’umiltà
     
     
     
     
     
      Un concetto critico, suggerito al padre della filosofia storica alemanna dall’esame del genio monastico, contiene materia per più volumi.
      «M’intenerisco» dice il profondo Herder «alla vista di quella soave solitudine delle anime, che, stanche del giogo e della persecuzione de’ loro simili, trovano in se stesse il riposo e il cielo...! Ma, appunto per questo, s’appalesi più energico il nostro disprezzo per quell’isolamento, generato dall’orgoglio e dall’egoismo, che, schivando la vita attiva, ripone i destini del genere umano nella contemplazione, nell’apatia, nella penitenza; si pasce di fantasime, e lungi dallo spegnere le passioni, fomenta la più vile di tutte, un orgoglio tirannico e indomabile.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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