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      ..»
      «Che cosa vuole?»
      «Il vostro signor fratello...» e qui la conversa si fermò.
      «Ma, santo Iddio, volete finirla?... È forse malato?»
      «Maramè!» esclamò la conversa; «è morto!»
      «Madonna del Carmine! Morto!... Come è morto?»
      «Si è ammazzato». E narrò il fatto.
      Si guardarono un momento in volto le due sorelle: sollevarono gli sguardi al cielo, congiungendo le palme, indi col massimo stoicismo:
      «Anna!» disse questa.
      «Camilla!» esclamò l’altra.
      «Iddio l’abbia in gloria! L’ampolla scorre: terminiamo la meditazione!».
      Non riparlarono del suicidio del fratello, se non che sedute alla mensa comune, fra il lesso e l’arrosto, secondo il detto volgare.
      Ad un’altra suora giunse per lettera l’annunzio della morte di sua sorella; in quel momento suonava la campana del refettorio.
      «Non divulgare per ora questa disgrazia» disse la suora all’orecchio della conversa: «mi converrebbe astenermi dal pranzare stamani, e pe l’anma de paterna, me muorr di famme!».
     
      Tornando al voto dell’umiltà dirò, che rare come le mosche bianche sono le monache, le quali non facciano insolente ostentazione dei loro nobili progenitori. Non ricevono l’educande se non hanno appartenuto alle famiglie degli antichi Sedili di Napoli; San Gregorio Armeno è da tempi remoti consacrato a quelli di Porta Capuana e di Nido. Egli è perciò che due giovinette, figlie di padre plebeo e di madre nobile, non sono state accolte nel monastero, prima di avere formalmente promesso che avrebbero d’allora in poi ripudiato il cognome paterno ed adottato quello della madre.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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