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      Ho detto altrove, se il lettore se ne ricorda, che la conversa della zia badessa mi aveva fatta una spiacevole impressione appena l’ebbi veduta. Di lì a pochi giorni mi confermai che quella donna aveva non so che di bizzarro, come nel carattere del sembiante, così nei modi e nelle abitudini.
      Angiola Maria, dedita tutta all’adornamento della sua disamena persona, trascurava insoffribilmente di servire me e mia zia; basti il dire che mi fece dormire una settimana senza mai rifare il letto. Dissi più volte alla badessa, ogni giorno svillaneggiata, perché con tanta pazienza tollerasse quella spiritata; e n’ebbi in risposta che, sgridandola con durezza, mettevasi nel rischio di esserne fors’anche bastonata.
      Angiola Maria confessavasi regolarmente il sabato, e trattenevasi niente meno che quattro o cinque ore nel confessionale; il mercoledì, per rinforzo di penitenza, dopo d’avere spesa un’ora nell’acconciatura, scendeva nel parlatorio, ove per altrettanto tempo rinnovellava gli spirituali abboccamenti col confessore. Per cagione di sì frequenti e lunghe assenze, mia zia doveva chiedere ad altre
     
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      quei servizi che la sua conversa non si curava di farle. Ad ogni nuovo colloquio col confessore la diveniva più bisbetica ed usava alla povera vecchia maggiori insolenze.
      Io amava molto mia zia, e non vedeva i suoi patimenti senza rammarico. Avrei voluto mettervi riparo: ma poteva io ricorrere ad altro superiore appello, poiché nelle mani d’essa lei stava il governo del monastero?
      In questo mentre passava a miglior vita l’altra mia zia Lucrezia, e lasciava due converse, che vennero al servizio nostro.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Maria Maria Lucrezia