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      «E voi, reverendissima, non dovete ignorare come l’ordine pubblico è superiore agli ordini che potete aver avuti da Roma».
      «Mi fate trasecolare. In qual modo pensate che nel mio monastero sia stato infranto l’ordine pubblico?»
      «Corre voce che una conversa sia stata precipitata con dolo e premeditazione dall’alto del secondo piano e miseramente infranta: né manca chi questo turpe misfatto imputi a V.S.R.».
      Figuratevi lo stupore della badessa! Con mille inchini li fece immantinenti entrare, ed ella stessa li condusse alla presenza di Concetta, la quale, alla scossa ricevuta dalla caduta, avea per poco ricuperata l’integrità della ragione.
      Subì essa l’interrogatorio con mirabile disinvoltura, e depose il vero, attestando di essersi precipitata da sé sola, e per irrefrenabile desiderio di morte. Domandata per qual ragione avesse attentato ai
     
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      suoi giorni, ella, educata a’ doveri religiosi più vivamente che non lo sono le donne secolari, trasse un profondo gemito, e provossi a rispondere; ma, o perché inabile ad articolare suoni, o perché pentita, si tacque: poi sbadigiiò per modo da sgangherarsi le mascelle, stralunò gli occhi, respinse villanamente la mano dell’inquirente, e ricadde nella demenza.
      L’ispettore, steso il verbale, se ne partì.
      Ma tutto il peso di questa catastrofe non gravava sulla coscienza della badessa? Nel mentale turbamento che da più mesi travagliava quella misera, non era dover suo di farla assiduamente sorvegliare? Contiguo alla stanza dell’alienata eravi un camerino destinato a guardaroba; ivi fu trovata una fune con un nodo scorsoio in mezzo, ed in un prossimo ripostiglio si rinvenne inoltre un cartoccino di veleno.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Roma Concetta