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      «È un vitello marino: buttatelo via!»
      «Una foca» riprese Don Giuseppe; «ve l’ho ben detto io che è un mostro da museo!»
      Figuratevi il dispetto delle monache, massimamente di quelle che si erano appropriate il complimento! Fatto sta, che la burla giunse all’orecchio del cardinale, il quale comprese che la galanteria costava più cara in Napoli che in Roma. Fu anzi detto che nel giorno medesimo avesse ricevuta una bella lettera di ringraziamento da parte della comunità di San Gregorio. Comunque siasi, d’allora innanzi si astenne di dare altre prove d’affetto a quelle suore.
      Venuto un’altra volta in San Gregorio si trattenne egli lungamente colla superiora e colla solita monaca, sua pedissequa. Le altre aspettavano impazienti di essere, secondo il solito, chiamate alla sua presenza.
      Furono invece dati al campanello i tòcchi miei.
      Scesi alla porteria, e trovai l’abbadessa che usciva appena del parlatorio.
      «Il cardinale vuole parlarti» mi disse.
      Balzommi il cuore: la mente mi ricorse subito alla domanda di assenza, da già due mesi inviata alla Santa Sede.
      Il cardinale era solo, e stavasi adagiato sul seggiolone. Al primo colpo d’occhio mi parve attillato con molta ricercatezza, ed un leggero profumo d’acqua di Colonia spandevasi dalla sua persona nell’ambiente del parlatorio.
      M’inginocchiai dinanzi al porporato, siccome l’uso o meglio l’abuso vuole. Egli alzò la mano, mi benedisse, mi fissò a lungo in silenzio, indi:
      «Voi avete avanzata una domanda alla Santa Sede per uscire del chiostro?» mi domandò con voce sdolcinata e melliflua.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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