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      Parecchi giovani signori, affratellati coi popolani alzarono due grosse barricate, una sotto il nostro campanile, l’altra all’angolo del vicolo Cinque Santi.
      Continuava intanto sempre più vivo il tuono dei cannoni e lo scoppiettare dei moschetti. Più ore scorsero, ed il cannone non cessava di vomitar palle e mitraglia sulla misera Napoli.
      Poco appresso cominciava a farsi sentire qualche grido di Viva il Re! Le monache ne fecero galleria, ne tripudiarono battendo le mani: io tremava.
      Non c’era più da dubitare: la sorte pendeva a favore del dispotismo. La Guardia Nazionale cercava scampo fuggendo travestita: il tamburo batteva d’ogni intorno la generale: era tutto in trambusto. Volai tosto alla mia stanza, e, prese alla rinfusa le mie Memorie, le gettai alle fiamme unitamente ad altre carte. Temeva il caso d’una qualche denunzia, che avesse potuto compromettere me e qualche mio parente.
      In questo mentre, la cavalleria si avvicinava a passo di carica.
      Quelli stessi popolani, che la mattina avevano aiutato i liberali a costruir le barricate, gridando le mille volte Viva la Nazione! que’ dessi le disfacevano la sera, innanzi alla cavalleria, plaudendo al re spergiuro.
      11 grandioso palazzo Gravina, che ardeva, proiettava infino a noi a luce sinistra dell’incendio appiccato dall’orda mercenaria degli Svizzeri. L’indomani una bianca bandiera sventolava sulle fumanti rovine dell’edifizio in segno di giubilo e di conquista.
     
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      Si sa che la città fu posta in stato d’assedio. Ordinò pertanto la polizia che tutti mettessero un segno bianco ad ogni balcone o finestra.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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