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      Dove poi rinvenire il vescovo generoso, che volesse largirmi ospitalità e protezione?
      Dopo lungo pensare e ripensare, ricordandomi che il cardinale di Capua, Cassano Serra, era uomo di rara bontà, deliberai di ricorrere a lui.
      Passammo una nottata agitatissima: ogni momento io mi affac-
     
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      ciava alla finestra per vedere se comparivano i poliziotti: e mi pareva sempre di sentir suonare il campanello dell’uscio, e gente salir le scale.
      Era grave, soffocante l’aria notturna, che alla finestra mi percuoteva il viso. Soffiava un vento gagliardo, che per le vie rotolava vorticosi nuvoli di polvere, e minacciava ad ogni sbuffo di spegnere la lampada alla Madonna della cantonata. Tetro, lugubre il cielo: addormentati tutti nel quartiere, deserti i vicoli: non altro suono d’intorno, che il passo lento e indistinto d’una lontana pattuglia.
      Mia madre riposava vestita sul canapè. Verso le due, lì seduta alla finestra col capo appoggiato sulla persiana mi addormentai; e feci un sogno spaventevole. Tre manigoldi, mi pareva che afferratami, uno per un braccio, uno per la testa, il terzo per la gola, mi trascinassero rovescione giù per le scale di marmo del palazzo, tirandomi per i capelli e menandomi grossi colpi col dosso della mano.
      Svegliatami, sentii dei forti e spessi brividi, un palpitare affrettato di cuore, un tremendo nodo alla gola: segni della crisi nervosa, che poco dopo mi prese.
      Furono lunghe, furon violente quelle convulsioni? Non lo so: nessuno di casa se n’avvide. Mi ritrovai giacente a terra, colle membra peste, abbattuta, oppressa, fiaccata più ancora nello spirito che nelle membra.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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