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      In questo mentre la serva del prete nell’atto di svincolarsi dalle strette della padrona, gridava quanto n’aveva in gola:
      «No, voglio andar via subito da questa casa di briganti!».
      E così dicendo si precipitava giù per la scala. Giunta vicino al cadavere, si mise a piangere, a urlare, a storcersi le mani; domandata dell’assassino, rispose:
      «Il prete!».
      Restammo tutti stupefatti.
      «E quest’infame dov’è?»
      «Si è buttato dalla finestra nel giardino».
     
      [252]
     
      L’infelice giovine aveva sposata da nove mesi una sorella di quel prete, il quale sventrò il cognato per una questione insorta di soli ducati 30 sulla dote materna. Ed ecco come. Quella sera lo aveva mandato a chiamare sotto pretesto di fare all’amichevole un accomodamento, ma mentre il giovine partiva, lieto della pace conchiusa, il prete finse di volergli leggere una carta importante. Lo raggiunse per le scale, si fermò sotto il lume che rischiarava l’uscio del mio quartiere e lì, invece di porgergli la carta, gli ficcò nel ventre un grosso coltello da cucina. Consumato il misfatto, volle strappar l’oriuolo all’ucciso, e gridare All’assassino! nell’intenzione di attribuire ad altri la scelleraggine; ma in quell’agitazione dimenticava di buttar via il ferro insanguinato, e pur gridando lo teneva in pugno. La serva che accorse alle grida,
      «Ah, siete voi» gli disse, «che l’avete ucciso: non è codesto il coltello insanguinato?».
      Il prete allora s’avventò a lei per finirla, ma udendo un calpestìo, e vedendosi immancabilmente scoperto aprì la finestra e si precipitò glu.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337