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      Ma a cotesto non v'era col Calderon da pensare: egli avrebbe condotto Sigismondo a baciar la mano al primo sagrestano che gli si facesse innanzi.
      Lodano in vece, come invenzione singolare e che mostra l'artista profondo, l'ammirazione che il solitario incivile sente subito per la donna. Cotesta è invenzione antica quanto almeno il Novellino e il Decameron; né il Calderon l'ha rinnovata, parmi, singolarmente, descrivendola al solito piú con le molte parole che dagli effetti. Certo, l'ha viziata con lo stile. - Trombetta (a Sigismondo). «Quale di tutte le cose che qui hai vedute e ammirate ti è piaciuta?» Sigismondo. «Niente mi ha fatto meravigliare; mi era già tutto immaginato. Ma, se alcuna cosa del mondo mi dovesse cagionare stupore, sarebbe la beltà della donna. Una volta io lessi in certi miei libri, che ciò in cui Dio pose maggior cura è l'uomo, per essere egli un piccolo mondo; ma già penso che sia la donna, per essere ella un piccolo cielo e comprendere in sé piú bellezza che l'uomo, quanto è piú il cielo che la terra; e massime se è quella che ammiro.» Rosaura (da sé). «È qui il principe; io mi parto.» Sigismondo. «Donna, férmati e ascolta: non unire l'occaso e l'orto: fuggendo al primo passo, e cosí unendo l'orto e l'occaso, la luce e l'ombra, sarai senza dubbio sincope del giorno.»
      E pure Guglielmo Schlegel non vuole si faccia il torto a Calderon di chiamare ammanieratura il suo stile puro ed elevato, vero colorito del dramma romantico.
      Parmi d'avere accennato che Sigismondo s'agita nel vuoto, come quegli che non ha intorno a sé personaggi veramente vivi e moventisi.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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