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      Quella di Voltaire ci scende dolcemente fino al cuore, c'invita all'abbandono, ad andare vagando dietro ai nostri pensieri, e ci lascia come in una cara estasi di malinconia soave. Effetto č questo veramente strano, se si pensa che parte da quell'arguto cinico di Voltaire. Le strofe di Schiller ci concentrano in noi stessi, ci fanno fissare la mente in pensamenti profondi, dai quali scaturisce una consolazione severa sķ ma solida, senza illusione, appoggiata alla realtą. E degno č poi di osservazione che Voltaire e Parini sembrano avere dettate le poesie loro in una etą piś tosto avanzata, Schiller dettava la sua tanto severa nella ancor fresca etą di 36 anni, e sembrava presagire che altri soli dieci glie ne rimanevano di vita»61.
      Conchiudendo per conto mio: le due poesie del Voltaire e del Parini non hanno, specie la seconda, oltre l'artistico, un valore umano: quella dello Schiller sķ. Lette le due prime, voi potete, riportandovi in voi, dire - Io non farņ mai di cosķ bei versi: - letta la terza, voi potete pensare - Questo č un alto documento della dignitą e serietą della vita, che posso anche io seguire.
     
      Se non che sarebbe questo un troppo pretendere da versi come quelli del Parini, che sono bensķ un addio alla gioventś e all'amore, ma anche un brindisi. E come tale l'ode del Parini vuole anche esser considerata da parte e per un altro lato nella produzione lirica italiana.
      L'Italia, Oenotria, la terra del vino, non ha la poesia del vino; come fervida voluttuosa serena l'ebbe la Grecia, come giocondamente borghese la Francia, come fantasticamente cordiale la Germania.


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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