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      Che muoiono gli sposi senza prole.
     
      E voi, poeti, avete ancor coraggioDi dir che penetrate entro il futuro?
      Di dir che in voi scende un celeste raggioChe vi rischiara ciò che agli altri è oscuro?
      Che parlate in profetico linguaggioE che un Dio rende il vostro dir securo?
      Affé, se debbo anch'io far da indovino,
      Credo che questo Dio sia il Dio del vino...
     
      Dovreste essere ormai disingannati,
      E non dovreste dir piú tante insanie;
      Lasciar dovreste ormai l'orror de' fati,
      Le vie de' venti e altre parole estranie,
      E il pegaseo cavallo e i cento alatiDestrier, su cui fate cotante smanie;
      Ma chi d'altro caval non si provvede,
      Faccia pur conto d'andar sempre a piede.
     
      Anche il Bettinelli con quel suo stile franco-gesuita e con que' suoi versettucci ripicchiati alla Boileau disse cose argute su le raccolte; ma piú che altro gli dispiaceva, pare, che le si fossero, come oggi si direbbe con francesismo democratico, volgarizzate:
     
      È la raccolta un traditore ordigno,
      Vago in vista, piacevole, pudico;
      Sembra un cortese libricciuol benigno,
      Ma in volto onesto asconde un cor nemico.
      Sparge un succo sonnifero maligno,
      A l'oro insidia, a la menzogna è amico;
      Di monache fa strazio e di dottori,
      E le nozze avvelena e i casti amori.
     
      Tempo già fu che d'onorato sprone,
      Servir poteva a l'anime gentili,
      Or destando a cantar dotte persone,
      Or lodando atti onesti e signorili:
      Ma le antiche Gonzaghe e le Aragone
      Cangiò col tempo in giovinette vili,
      Trovò nel vulgo l'Elene e i Pompei,
      E fu veduto a nozze con gli ebrei85.
     
      Già, anche con gli ebrei.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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