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      Di trovarlo incerta ancor:
      E poi schiudere il sorrisoE le molli parolette
      Fra le grazie ingenue e schietteDe la brama e del pudor.
     
      Dal Poliziano in poi la lirica media non avea prodotto in Italia altro di sí fresco e sí vivo. Incredibile, ma in cotesti versi fin la donna pupattola di Arcadia diventa alla fine sopportabile; nei quali, del resto, anche i piú rigidi settatori della purezza e proprietŕ del linguaggio poetico de' due grandi secoli poco avrebbero, credo, da apporre e poco da desiderare.
      Desiderare forse potrebbero che il poeta avesse lasciato ai soliti cantori di Filli le grazie ingenue e schiette, che assomigliano tanto tanto all'umilissimo devotissimo servitore del formulario epistolare. Anche il giovin petto che va e viene all'onda egual, potrebbe per avventura osservare alcuno di quei rigidi antiquari, non č mica bello né vero: altra cosa č egual all'onda cosí in generale, e altra cosa č l'ariostesco,
     
      Due poma acerbe e pur d'avorio fatteVengono e van com'onda al primo margo.
     
      Capisco, era peggio come il poeta aveva scritto da prima.
     
      Ch'or discende or alto sal.
     
      Il Parini aveva dato questa canzonetta al Passeroni una sera: la mattina di poi gli scrisse: «Stracciate di grazia la copia della canzone che vi diedi iersera, e sostituite la presente.» Il Passeroni - nota il Salveraglio, al quale dobbiamo anche questa notizia - accolse la nuova lezione, ma non distrusse l'altra; che fu publicata da esso Salveraglio100. Č pur sempre curioso per gli uomini di gusto, se anche in questa ignobile trascuranza dell'arte della parola non serva piú a nulla, il notare con quanta insistenza, e in quante guise e con quanti assalti diversi, poeti e artisti quali il Petrarca, l'Ariosto, il Tasso, e, dopo loro, l'Alfieri, il Parini, il Foscolo, tornassero e ritornassero su i loro versi, e come da monchi informi brutti pesanti li rendessero un po' per volta intieri agili raggianti volanti.


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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