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      vieni e chiama la novella padrona alla casa c'ha da essere sua, allacciandole l'appassionata anima di amore, come edera che tenace si aggrappa all'albero con erranti viluppi.
      E voi insieme, o vergini pure per le quali simil giorno avvicinasi, cantate, or via, in coro: O Imeneo Imen, o Imen Imeneo;
      acciò, sentendosi invitare al suo ministero, piú volentieri egli venga, conducitore della buona Venere, congiugnitore dell'amor buono. #/
     
      L'inno cominciato con movimento d'entusiasmo va ora seguitando solenne nelle lodi d'Imeneo, in quanto il matrimonio è instituzione non pur domestica ma civile; e canta come le nozze ferme siano principio e fondamento di felicità e di forza agli individui alle famiglie alla patria: canta con quella sobrietà che s'accompagna sí bene al vigore e alla virtù.
     
      Qual dio è piú da invocare agli amanti ansiosi? quale de' celesti gli uomini han piú da venerare? O Imeneo Imen, o Imen Imeneo.
      Te invoca per i suoi il tremulo genitore: per te le vergini sciolgono i seni dalla pura zona: te veniente aspetta inquieto con cupido orecchio lo sposo novello.
      Tu nelle mani al fiero garzone consegni la fiorente fanciulla dal grembo della madre, o Imeneo Imen, o Imen Imeneo.
      Senza te non può Venere pigliarsi piaceri che l'onestà approvi; ma può, tu volendo. Chi a questo dio oserà compararsi?
      Senza te niuna famiglia può avere figliuoli né il padre cingersi di stirpe novella; ma può, tu volendo. Chi a questo dio oserà compararsi?
      Terra senza il tuo culto non potrà dare difensori alle frontiere; ma può, tu volendo.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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