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      Questo che avanza è sol languore e pianto;
      È secco il mirto, e son le foglie sparteDel lauro, speme al giovanil mio canto?
     
      L'altro principio,
     
      Meritamente, però ch'io poteiAbbandonarti, or grido alle frementi
      Onde che batton l'alpi, e i pianti mieiSperdono sordi del Tirreno i venti,
     
      ricorda il principio d'un'elegia dell'Ariosto,
     
      Meritamente ora punir mi veggioDel grave error ch'a dipartirmi feci
      Da la mia donna, e degno son di peggio;
     
      e ambedue ricordano il properziano,
     
      Et merito, quoniam potui fugisse puellam,
      Nunc ego desertas adloquor alcyonas.
     
      Ma, col dovuto rispetto al Callimaco umbro, i gabbiani a cui si presenta allocutore fanno, a dir vero, una gran magra figura dinanzi alle frementi onde che batton l'alpi.
      I piú grandi poeti del rinascimento, e in ciò i moderni neoclassicisti li seguitarono, si recavano a pregio d'ingegno e d'arte derivar nel volgare certe bellezze d'imagini e di figure dagli antichi; prendere poi dagli stranieri reputavano conquista; e togliendo a' mediocri o a' minimi qualche diamantuzzo non credevano di rubare ai poveri, ma di renderlo alla grazia delle Muse incastonato in monili d'eterno lavoro. Gente invidiosa e superba confonde oggi le imitazioni utili e le inevitabili reminiscenze co' plagi, e fruga e accusa plagi per tutto; mentre essa copia e lucida e prende tutto dagli stranieri, fino il modo di pensare e di dire; e alla disperata copia sé stessa, cioè quello che di piú brutto, di piú abietto e di piú ebete possa sopportare la terra. Torniamo al Foscolo.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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