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      Se non che dire perfetti non mi pare lode giusta: la perfezione puņ essere anche fredda; e questi sonetti pur cosķ grondanti di lacrime e frementi di disperazione, sono caldi, caldi, caldi della divina passione giovanile: sono, senza piś, una meraviglia. E se qualcuno non lo capisce o non lo vuol capire, non importa proprio nulla. Ciņ che il De Sanctis riconobbe nell'ultima terzina del sonetto a Zacinto, il presentimento di Giacomo Leopardi, a me par di trovarlo in tutti tre: ma lascerei da parte il Leopardi, e direi, che, mentre nei primi sonetti si divincolava lo spasimo individuale, in questi sentesi nella sua fatalitą quasi serena la doglia mondiale.
      Fra essi, come statua greca del quarto periodo dell'arte, sorge l'ode all'amica risanata, una stupenda perfezione marmorea. Di questa ode giudica molto bene il Chiarini - «Le ultime sette strofe sono di una purezza antica, quale fino allora non s'era veduta nella nostra poesia. Chi legga le lettere che il poeta scriveva in quei giorni all'amica e le paragoni con l'ode, non potrą non restare meravigliato del contrasto singolarissimo. In quelle le espressioni di un amore esaltato, in questa neppure un accento di passione. Non si direbbe davvero che questa ode č la poesia di un innamorato. Il Foscolo, che sapeva mettere nella prosa tutta la poesia della passione (le sue lettere d'amore sono delle piś belle che io abbia lette), in questi versi, come nella maggior parte di quelli delle Grazie, coi quali celebra altre donne amate da lui, č d'una freddezza glaciale; č un artista che tutto assorto nella serena contemplazione della bellezza della sua donna si dimentica affatto che cotesta donna č pur quella che gli fa battere il cuore violentemente; si direbbe che, mentre egli la canta, se la vede dinanzi come una Venere, come una delle Grazie, bella e perfetta si, ma di marmo; anzi piś gelida ancora, poiché il marmo della Venere di Canova lo facea sospirare, con mille desiderii e con mille rimembranze nell'anima.


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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