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      AVVERTENZA
     
      Questi saggi, che furono pubblicati da prima nei fascicoli del 1° luglio, 15 agosto, 1° settembre 1894, 1° gennaio 1895 della «Nuova Antologia», e il terzo anche in fronte al «Teatro di T. Tasso» a cura di Angelo Solerti [Bologna, Zanichelli, 1895], sono ristampati ora con molte e importanti correzioni e giunte.
     
     
      L'AMINTA
     
      E LA VECCHIA POESIA PASTORALE
     
      I
     
      L'Aminta è un portento: portento vivo d'armonia tra l'ispirazione e l'espressione e l'impressione rispondentisi negli effetti, che è il sommo nell'arte della poesia riflessa: portento storico nella spirituale continuità della poesia italiana, perché venne al momento opportuno, chiudendo il lavoro della imitazione perennemente innovante e trasformante del Rinascimento e aprendo nella idealizzazione, se può dirsi, della sensualità voluttuosamente malinconica l'età della musica, la quale nel regno della fantasia e dell'arte doveva necessariamente succedere alla poesia.
      È un portento. Ma nulla c'è a dire, o fu detto, di nuovo. Nulla, o pure di queste cose. – Che l'Aminta ha la forma la bellezza la serenità d'una tragedia di Sofocle –: il che non è vero; anzi, tanta è la diversità delle condizioni storiche ed estetiche tra le due forme di dramma che non ammette possibile comparazione. – Che è la rappresentazione d'un mondo tutto ideale, pieno di luce, d'amore e d'ebbrezza, di malinconie, di gioia, di voluttà; è come un bel fiore campato in aria, e per pochi sottilissimi fili attaccato alla terra –: il che può esser vero come una sensazione poetica essa stessa di chi lo dice.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896, pagine 129

   





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