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      La quale dice alla giovine: si guardi, ha sentito due pastori, Jacinto e Fagino, accordarsi a venire nel bosco per vista di caccia e pigliar lei. E le due ninfe ricorrono a' tre pastori: e questi sono per azzuffarsi con Jacinto e Fagino che vengono. Quand'ecco Peloro che cerca richiamare al lor senno i contendenti: Perché non la lasciate andare, se non vi vuole? – Quelli s'accordano ch'ei dimandi Allòra qual preferirebbe. – Mi meraviglio – risponde: – io non ho fatto buon viso a nessuno; o, se l'ho fatto, fu per trastullo. – E se ne va accompagnata da' saluti dei disgraziati amatori. Peloro s'avvia con loro verso dove sente «un'armonia di ciel sacrata e santa». Ed eccoti Imbro che gli racconta come certe ninfe passando con archi e strali gli hanno ucciso un toro e un monton bianco, ed egli non osa inseguirle e farne vendetta perché teme di Diana. Peloro lo conforta: – Vieni con noi, e ti spasserai a un canto che testé udii. Senti! – Ahimè! – dice Imbro – è il canto delle ninfe, di quelle che saettano. Nascondiamoci tra queste fronde se no, son capaci di tirare anche a noi. – Ed ecco in vista Cardenia, Lica, Estina, Isifile; che cantano una canzonetta contro Amore. Allora Peloro invoca e prega il dio che faccia vendetta di sé e di lui contro le ribelli ingrate bellezze. E Amore percuote Cardenia; che fuggendo dalle compagne viene cercando alla ventura tra i pastori, e fa la sua dichiarazione a Peloro. Finisce che Rifo officiando da sacerdote congiunge a una fede d'amore i due, pastore e ninfa, quasi con le stesse formole sacramentali del matrimonio cattolico.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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