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      Di sirene celesti: e n'uscian suoniSoavi e chiari, e tanto altro diletto,
      Ch'attonito, godendo ed ammirando,
      Mi fermai buona pezza. Era su l'uscio,
      Quasi per guardia de le cose belle,
      Uom d'aspetto magnanimo e robusto,
      Di cui, per quanto intesi, in dubbio stassiS'egli sia miglior duce o cavaliero;
      Che, con fronte benigna insieme e grave,
      Con regal cortesia invitň dentro,
      Ei grande e 'n pregio, me negletto e basso.
      Oh che sentii! che vidi allora! I' vidiCelesti dee, ninfe leggiadre e belle,
      Nuovi Lini ed Orfei, ed altre ancoraSenza vel, senza nube, e quale e quanta
      A gl'immortali appar vergine auroraSparger d'argento e d'ňr fugiade e raggi
      E fecondando illuminar d'intorno.
      Vidi Febo e le Muse, e fra le Muse
      Elpin sedere accolto; ed in quel puntoSentii me far di me stesso maggiore,
      Pien di nuova virtú, pieno di nuovaDeitate; e cantai guerre ed eroi,
      Sdegnando pastoral ruvido carme.
      E se ben poi, come altrui piacque, feciRitorno a queste selve, io pur ritenni
      Parte di quello spirto: né giŕ suonaLa mia sampogna umil come soleva,
      Ma di voce piú altera e piú sonora,
      Emula de le trombe, empie le selve.
      Udimmi Mopso poscia, e con malignoGuardo mirando affascinommi; ond'io
      Roco divenni, e poi gran tempo tacqui,
      Quando i pastor credean ch'io fossi statoVisto dal lupo, e il lupo era costui.
     
      Il lettore ha tosto riconosciuto, credo, Alfonso II, Lucrezia ed Eleonora principesse sorelle, la contessa di Scandiano, Eleonora Sanvitale, e altre e altre. Ma chi č quell'Elpino qui posto cosí in alto e altrove [a. I, sc.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuč Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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