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      Dal piú saggio pastor di queste selveCon letizia infinita de le parti;
      Godendo l'uno Irinda, ché tal nomeHa quella ninfa c'ho tolta a Dïana
      A lei già tanto cara, l'altro donnaInfiammata di lui da la mia face.
      Ma veggo uscir Dïana disdegnosaChe levata io le abbia da lo stuolo
      La piú leggiadra ninfa e la piú caraChe errasse mai con lei fra boschi e selve.
      Ma dolgasi a sua voglia: ora mi godoCh'ella conosca la potenza mia.
     
      DIANA E LE NINFEIo son sí piena di giusta ira e tanto
      Accesa contra Amor, che, se mi desseNe le mani, i' farei sí gran vendetta
      Del grave oltraggio che mi ha fatto, ch'ioRestarei paga: non gli lascierei
      Una penna nell'ali e le saetteGli spezzarei con l'arco, e gli farei
      Veder che per lui meglio saria statoStarsi nel seno a la lasciva madre
      Ch'esser venuto a dar lascivo assaltoA le seguaci mie. Ma veggo Irinda
      Che, sdegnate le sori et il cacciareMeco ne' boschi le selvaggia fiere,
      Deliberata si è prender marito,
      Per lo foco che gli ha nel core accesoQuesto malvagio Amor. Non so come io
      Mi tenga che non ponga una saettaIn corda e non la scocchi nel suo cor
      E la levi di vita: pure io voglio,
      Che la servitú ch'ella insino ad oraUsata mi ha con fe' perdon le impetri.
      Ma ben raccordo a tutte quante voiChe, se alcuna sarà mai cosí sciocca
      Che si ponga ad amar satiro od uomo,
      Gliene farò portar sí grave penaChe passerà in essempio a tutte le altre.
      Nin.
      Se sciocca, se lasciva si è mostrata,
      Alma dia, Irinda, noi con cor costanteArmato di onestà salda e vivace
      Vogliàn servarvi servitú continua


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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