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      - Non so perché, rispose l'altro vivacemente e sorridendo, per non sapere che altro dire: non ne parliamo più, vi prego. E non se ne parlò più. Malgrado la molta neve i cavalli, correndo assai bene, arrivarono due ore e mezza avanti notte a Wola, ampio giardino appartenente al conte di Bruhl, gran generale dell'artiglieria della corona, che allora trovavasi a Dresda.
      Inoltratosi nel giardino il Postòli, con l'altro a fianco e seguito da tutta la sua comitiva, si fermò sotto una pergolata di figura ovale, non più lunga di dieci pertiche, che avea nel mezzo una tavola di pietra. Su questa tavola il suo cacciatore, cui egli fece un cenno, depose un paio di pistole di lunga misura e brillanti dal forbito acciajo, e con esse una picciola ferriera ed un astuccio, d'onde quell'uomo trasse polve, palle e bilancia, con una specie di mulinello necessario a caricare quell'arme. Dopo ch'ei mostrò ch'eran vuote ai due principali attori, che attentissimi stavano guardando il di lui lavoro, scelse due palle adattate e di egualissimo peso e calibro, e pesò due eguali quantità di polvere, ed indi le caricò. Caricate che furono, il gran panattiere con viso cortese pregò il veneziano di dar di mano a quella di quell'arme che più gli piacesse, essend'egli per servirsi dell'altra. La voce allora dell'ajutante generale del re impedì il veneziano dal prontamente scegliere. Qui si tratta, diss'egli in tedesco, di un duello, e ciò io non soffrirò. - Voi non dovete sapere, risposegli il Braniscki, di che si tratti; tacete e state a vedere, e quando avrete veduto potrete parlare.


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Il duello
di Giacomo Casanova
pagine 65

   





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