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      Il veneziano, benché non persuaso, seppe abbassar la testa e tacere.
      Egli passò due mesi in Varsavia dopo questo avvenimento, godendo di tutti gli onori, ma non tranquillo, poiché, avend'egli rifiutato molti palliati inviti di persone sospette, che dovevano terminarsi con effusione di sangue, aveva molti nemici e gran ragione di temere notturni agguati. Erano state scritte al re ed a molti grandi varie lettere anonime, che ponevano il povero veneziano nella vista la più abbominevole. Il rappresentavano esule dalla sua patria non solo, ma da quasi tutti i paesi d'Europa, qua per intacchi di caffè, là per tradimenti, per ratti, per scelleraggini infami, e dalla sua patria poi per cose nefande, giacché non poteano sapersi. Queste erano tutte calunnie, ma l'effetto delle calunnie non è fors'egli lo stesso che quello delle accuse fondate sul vero? La giustificazione le dilegua; questo è vero: ma chi ignora quanto arduo sia il giustificarsi? Tutti sanno che ad un povero calunniato non riuscì mai l'uscire dal purgatorio della giustificazione senza portar seco indelebile la macchia, che la falsa accusa gli impresse. Ciò che saggiamente oprando dee fare chi si vede preso di mira dalla perseguitatrice invidia, è di cambiar cielo. Vir fugiens denuo pugnabit. Ma dura cosa è l'andarsene, e lasciare il campo libero a' scellerati, ed accordar la vittoria alla colpa: questo è vero, ma così dee fare colui che non previde che pericoloso è sempre l'eccitare l'invidia, e che spesso chi l'eccitò dovette farne la penitenza.


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Il duello
di Giacomo Casanova
pagine 65

   





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