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      Dico dunque, che con qualche congruenza, e probabilità possiamo assegnare la definizione di quella qualità da noi comunemente chiamata negrezza, e dire, che non sia altro, che una superficie a guisa di un artificiosissimo sepolcro di lume, talmente disposta, che i lumi, che la feriscono abbiano sempre i loro tratti, corsi, e movimenti verso le parti interne dopo essa superficie, ed ivi restino, nel modo dichiarato, sepolti. E per lo contrario diremo il bianco essere una superficie talmente ordinata, che i lumi, che la feriscono abbiano da risaltare la maggior parte, se non tutti, verso le parti esterne, che sarebbe, cred'io, quando fusse granellosa, o in altro modo disposta, & accomodata, che avesse da ripercuotere, e ribattere, come si è detto, i lumi verso le parti esterne. E che questo sia probabilmente detto, pare che se n'abbia assai buon riscontro dal veder noi, che macinate, che sieno in polvere finissima molte pietre colorate, subito si vestono di bianco, & i coralli rossi macinati subito si fanno bianchi perdendo quasi affatto il loro primiero colore. Ora, venendo piu d'appresso alla soluzione del nostro quesito, direi, stanti le sudette cose, che la parte nera del mattone si riscalda piu della bianca al lume del Sole, imperocche agitandosi, e ribattendosi i lumi dentro al nero muovono in gran copia di quei corpuscoli che compongono quella parte, e cosi eccitano il calore, cosa, che non possono facilmente fare i medesimi lumi nel bianco, dal quale vengono ripercossi verso le parti esterne, per le ragioni già spiegate.


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Alcuni opuscoli filosofici del padre abbate D. Benedetto Castelli da Brescia
di Benedetto Castelli
1669 pagine 60

   





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