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      Ella si svolse prima in coloro che avevano più bisogno di libertà negli studi, nei commerci, nei viaggi; e perciò erano in più frequente penoso conflitto cogli interessi dello straniero, coll'ignoranza sua, coll'arroganza, coll'eterno e implacabile sospetto. Poi si destò mano mano, anche nei magistrati, ch'erano pure accuratamente spiati e trascelti a essere arnesi di obedienza: nei sacerdoti, benchè domati dall'episcopale superbia a tradurre anche l'evangelio in dottrina di servitù: nei contadini, benchè tenuti dagli avari e gelosi padroni quanto più vicino si potesse alla natura di bestiami: per ultimo nei cortigiani medesimi, a cui le dovizie e la nobiltà non sembravano presidio alla dignità del vivere, ma diritto ad andare inanzi a tutti nella viltà. Questa mutazione degli animi era lenta, ma continua, universale; irreparabile a qualsiasi scaltrimento di polizia. Che anzi, dopo alcun tempo, cominciò ad accelerarsi, come certe velocità, in ragioni geometriche, mentre le forze morali del governo declinavano visibilmente, come le velocità dei proiettili da guerra. Infine rimase spenta affatto ogni tradizione d'amore e di rispetto; e allora gli eserciti, che dovevano difendere lo stato dai nemici esterni, vennero ritorti contro la patria, simili al pugnale del suicida. Intanto nel governo austriaco l'odio contro la nazionalità italiana si faceva più aspro e cavilloso. Gli spiaceva perfino il nome d'Italia; lo voleva dissimulato nei libri, cancellato nelle carte. E al contrario lo scolpiva viepiù nelle menti; lo chiamava sulle labbra; se lo vedeva scritto da mani notturne sulle muraglie delle città. Una indomita riluttanza serrava sempre più il fascio dei popoli italiani; era come la polve di plàtino che s'incorpora sotto il martello.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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