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      Carlo Alberto era sempre infraddue, fosse in politica, fosse anco solo in cose di letteratura. Egli chiamato dagli imperiosi tempi ad essere un Napoleone, l'uomo dalla ferrea volontà, non aveva mai volontà propria; pendeva sempre fra opposti consigli; e talora gli seguiva a lungo entrambi, rifacendo in secreto colla sinistra ciò che aveva solennemente disfatto colla destra. V'erano intorno a lui due conciliaboli di cortigiani, che operavano in contrario senso; poi ognuno dei due portava come bracco la sua caccia appiè del padrone. Carlo Alberto al chiaro giorno era re di Sardegna, colonnello del 5º reggimento degli ussari austriaci, insieme con Radetzky; cognato degli arciduchi; ricinto di gesuiti da messa e da spada; ricinto da quelli che col suo denaro pagavano la guerra civile in Friburgo e Lucerna; ricinto da quelli le cui mani stillavano del sangue della Giovine Italia. E nella notte, egli dava clandestina udienza alle società secrete di tutta la penisola e della Sicilia; viveva in concubinato colla rivoluzione. Nè i persecutori della Giovine Italia erano ben concordi fra loro: poichè si dividevano seguendo le rivali ambizioni di Villamarina e Lamargarita; sempre però concordi a regnare colla censura, colle spie, col confessionale; e adoperare, secondo l'opportunità, le tombe di Fenestrelle, la malaria di Sardegna, il piombo, il capestro. Nell'altra congrega erano molti che il re aveva condannati a morte e faceva stare inesorabilmente in esilio, come re di Sardegna; ma, come re futuro d'Italia, gli accarezzava, inviandoli qua in là in secrete missioni.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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