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      - Chi ha diritto, non ringrazia.
      Mai la causa della veritą non vuolsi difendere colle armi della simulazione. Pur troppo abbiam gridato pontefice liberatore chi vegliava solo l'istante di trafugarsi nelle file dei nostri nemici, e frattanto stipendiava in Roma i sicari di Faenza. Abbiamo gridato, gią prima della guerra, capitano liberatore chi era stato in campo una sola volta, e contro la libertą; nč aveva mai comandato eserciti, nč aveva animo da capitano, ma solo quella noncuranza del pericolo che ha ogni bifolco fatto granatiere. Abbiamo gridato filosofo liberatore, e condutto in trionfo per le cittą d'Italia, quel Gioberti ch'esule ancora per decreto di Carlo Alberto voleva assoggettare per forza all'ingiusto persecutore tutti i liberi uomini d'Italia; e minacciava la guerra civile a chi intendesse la indipendenza in altro modo: anzi in quel modo in che l'aveva gią intesa egli medesimo; e rallegravasi poi con satanico gaudio di veder Venezia pericolante, e punita d'aver voluto riesser Venezia. E queste favole nostre avevano almeno il pregio d'esser generose, e di fare ai nostri avversari mal meritata cortesia; ma tali non furono poi quelle che da essi vennero rese in ricambio. Nč potremo mai perdonare l'accusa di sicari apposta a coloro che non furono prodighi se non del proprio sangue; nč gli infami sospetti seminati fra il popolo contro i cittadini pił dimentichi di sč e delle proprie fortune, per farli credere stipendiati dall'oro di Ficquelmont, e far temere alla gente un'insidia austriaca nel nome stesso della libertą. E cosģ il povero popolo, fra i nomi indegnamente levati a cielo, e i nomi iniquamente tratti nel fango, non seppe pił chi gli fosse amico o nemico; e gridņ pił volte la ironica formula del vecchio toscano: viva la mia morte e muoia la mia vita.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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