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      Ora qui voglionsi accennare almen di volo le profonde origini di certi avvenimenti. Quando giunse fulmineo l'annuncio che il Borbone vinto in Sicilia era vinto senza sangue anche a Napoli e giurava patti al popolo, Carlo Alberto, consigliato anche dall'Inghilterra, promise in fretta anch'egli il suo Statuto. Promise farsi re di cittadini; ma voleva restarsi re di gesuiti; epperò gli lasciava tranquilli nei loro nidi; e pasceva il popolo di parole e di feste, schermendosi intanto d'armare la guardia civica. Sopravenne più fulmineo l'annuncio della tempesta di Parigi; il popolo di Genova, che sapeva ov'era il nodo della sua servitù, proruppe contro i gesuiti; Torino seguì l'esempio. "Quegli avvenimenti determinarono il governo a istituire una guardia nazionale provisoria; ma fu prefisso il numero a cinquecento". "L'orage gronde trop près de nous", dettava il re al ministro San Marzano il 3 marzo; e diceva che "en conséquence" aveva deliberato di "compléter ses armements". En conséquence del moto popolare egli faceva ciò che non aveva fatto en conséquence dell'invasione di Ferrara, delle stragi di Milano, dell'occupazione di Modena e di Parma. Partivano dal Piemonte le poche centinaia dei gesuiti da messa; ma sotto l'ombra di quegli armamenti, anzi di quegli stessi cinquecento privilegiati alle armi civiche, si salvavano dall'ira popolare i gesuiti da spada e da toga; e i genovesi si lagnavano nei giornali che il sacrilego edificio rimanesse indistrutto. Rimasero i gesuiti in corte, rimasero nel governo, rimasero nell'esercito; e venti giorni dopo, seguivano il re al campo; gettavano la rete sulla guerra del popolo; davano agio al nemico di riacquistare le perdute fortezze, di rifornirle, di ricomporre in quella quiete imperturbata il disfatto esercito.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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