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      Il disarmo in quei momenti era sembrato al governatore Spaur pericoloso, e quasi impossibile; epperò i generali l'avevano fatto richiamare a Vienna, ove l'avevano falsamente fatto credere odiato dai popoli. Tuttavia il governo esitava ancora, consigliato a ciò da quelli che lo avevano servito con buon esito in altri tempi e con altra politica.
      E gli eventi di Vienna diedero autorità ai consigli civili. Laonde Radetzky scrisse dal Castello la notte del 18 marzo: "Si credeva che le notizie telegrafiche avrebbero calmato il popolo milanese; e il signor governatore conte O' Donnell m'indirizzò richiesta (Ansuchen) ch'io non ponessi in moto le forze militari, se non nel caso che venissi a ciò dall'autorità civile addimandato (aufgefordert)". E perciò fu costretto il maresciallo, in quella stessa mattina del 18, a dare ai soldati quell'ordine del giorno che parve strano, ingiungendo loro che stessero testimoni tranquilli delle dimostrazioni del popolo; ordine che non proveniva già da "cecità" del generale, essendo la sua cecità di contraria natura; ma da dura forza che lo legava ai voleri dell'autorità civile, e da nuova responsabilità verso gli ignoti governanti di Vienna. E questa disdetta era per Radetzky un primo passo sul pendio del discredito e della destituzione, se i capi del moto nazionale avessero avuto mente da intendere ciò ch'era a fare. Infine, a chi voleva combattere non era mai superfluo pigliarsi il tempo necessario per armarsi e ordinarsi, dacchè fra tante vane agitazioni non vi si era menomamente pensato.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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