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      E a ciò mirava il programma del giornale il Cisalpino, scritto nella notte del 17, e compendiato in quella formula: "guai alli inermi!".
      Appena giunse ai generali l'avviso che il popolo verso mezzodì tumultuava intorno al palazzo di governo, essi cominciarono a tendere le reti sulla città, e scatenare contro i cittadini la soldatesca. Si depose da un testimonio: "Alle ore dodici e mezzo circa, le truppe austriache cominciavano a disporsi sulla Piazza Castello, in drappelli separati; ma niuno sospettava quale fosse il loro divisamento. Ad un'ora e mezzo circa, la Piazza Castello non prometteva niente di sinistro; quand'ecco uscendo tre carrozze, e attraversando la piazza per recarsi al Dazio, staccarsi un drappello di ussari; si presenta alla portiera, scaricandovi diversi colpi di carabina; nè contento di questo, adopera la sciabola". E ciò non avveniva solo sotto le batterie del Castello, ma in tutte le vie della città, ove le pattuglie erranti erano inviate ad accattar briga. Si cacciarono perfino sui tetti delle chiese a far piovere fucilate entro le pacifiche case. Si depose da un altro cittadino: "Alle ore una e mezzo circa, si presentano i cacciatori (tirolesi), e col mezzo dei loro zappatori, a colpi di scure sfondarono il portello dell'Arcivescovato. In seguito atterrarono la porta che mette alla via sotterranea; e di porta in porta, tutte sforzandole, entrarono in Duomo; e di là salirono sullo spianato superiore". Un altro cittadino, il quale abitava tra la caserma di S. Francesco e la casa di Radetzky, anzi nell'isola medesima con questa: "Alle tre circa, due palle ruppero i vetri della mia stanza; vidi granatieri ungaresi, difilati lungo la parete opposta, collo schioppo appuntato alla guancia; repentissimi, frequenti colpi di scure alla porta: grida feroci: un alto lamento nell'interno delle case; gli abitatori innocenti, disarmati, ravvolti fra donne e figli correnti, lacrimanti, stridenti: non altro scampo che attraverso ai tetti: i granatieri sul tetto dietro le nostre pedate.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
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