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      Che anzi, quando la strage era già cominciata, le carrozze s'aggiravano ancora per città; la quale non era dunque ancor barricata. Un soldato del Geppert, vide in Castello "un carrozzino aperto senza cavalli, e dentro una signora morta e un signore che tratto tratto dava ancora qualche sospiro; avevano ambedue la faccia tutta spaccata dalle sciabolate per dritto e per traverso, che sarebbe stato impossibile di riconoscerli". Chi segue il racconto d'una compagnia d'operai, la quale si aggirò per la città fino a sera, può farsi un concetto del modo con che le barricate si andavano qua e là con mano inesperta tentando. In nessun luogo vi era densa adunanza di popolo; la chiamata al palazzo municipale erasi dispersa in una lontana processione, la quale nel ritorno aveva smarrito i suoi capi. La grande occasione, d'operare di primo impeto e con poderosa mole, era trascorsa senza frutto; tutti i varchi erano aperti al nemico sino al cuore della città; icapi non avevano nemmen pensato a dar l'avviso di barricare almeno quanti più si poteva dei quindici ponti del Naviglio interno; chiusi i quali, i cittadini avrebbero avuto a far fronte solo tra ponente e settentrione. Non si pensò nemmanco a chiamare alle armi il quartiere ove il popolo abita più numeroso e solo. "Al dopopranzo, invano alcuni pochi giovani in Porta Ticinese tentarono di far le barricate: nessuno voleva credere che nelle altre parti della città fosse scoppiata la rivoluzione; epperò, nel timore d'ingannarsi, i più tentavano d'attraversare le ardenti disposizioni d'alcuni".


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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