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      Altri stupirą che invece di raccogliere qua e lą gli elementi di pomposa narrazione, noi sembriamo quasi ridurre a minor momento i fatti di quel giorno. Ma giace tra le macerie qui accumulate una veritą che importa ad ogni modo dissepellire; e si č, che il grande edificio militare, la cui caduta siamo per descrivere, non venne scosso dal popolo con tutto il nervo del suo braccio. E nessuno vorrą dire che non sia prezzo dell'opera trarre in luce una tal veritą.
      Mentre di tal modo i generali provocavano a ineguale battaglia il popolo, essi pensavano ad assicurarsi la vendetta, attorniandolo d'ogni parte, occupando con fanti e cavalli e cannoni tutto il circuito delle mura. Per l'ampiezza del giro, 12 chilometri, l'operazione richiedeva qualche ora. Il tempo era piovoso; scendeva la notte; Radetzky uscģ finalmente dal suo ricetto per ripararsi nel vicino Castello. "Alle cinque e mezzo, esce dal Castello mezzo battaglione di granatieri con due cannoni e dodici cannonieri; e appena ha fatto il risvolto della contrada S. Marcellino, si sente una scarica generale di fucili, indi venti e pił colpi di cannone. Rispondono dalle finestre gli abitanti con vigoroso foco di fucilate. Fatta notte, si ritirano i detti granatieri e cannonieri entro il Castello, essendo stato loro scopo di sgombrare le case vicine alla casa Cagnola, ov'era il maresciallo. Diversi feriti e morti vengono portati nel Castello con barelle e lettighe".
      Non era ancora messo in salvo il maresciallo, che gią incominciavano gli alti fatti della giustizia militare.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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