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      L'esercito si mosse in cinque colonne; probabilmente due dalla parte di mezzodì, e tre dalla parte di settentrione, seguendo una colonna il bastione meridionale, e due il settentrionale o Corso; e tanto qui come là, una colonna il viale di circonvallazione
      .
      Cadeva già la sera, quando i cittadini fecero l'ultimo sforzo a Porta Tosa. "Chi ci comandava", narra l'operaio Biraghi, "era Manara: io banderale: e Cernuschi rappresentante il governo provisorio; dietro a noi trenta uomini, tra i quali i due fratelli Mangiagalli, Lochis, Vernay ed altri; dietro a questi, trenta barricate mobili che già erano in moto. Arrivavano ai nemici sette pezzi da sei, oltre quelli che già avevano; ma non arrivarono a puntarli. L'artiglieria loro scarica; e noi, si va avanti. Arrivano le barricate mobili; più di mille dei nostri fanno un foco terribile; restano dietro ogni pianta tre o quattro soldati morti. Io allora mi volto, e colla punta dell'alabarda apro lo sportello del Dazio, ch'era semichiuso: e fuori. Con Manara ed altri siamo arrivati presso il Camposanto. Non avendo trovato nessuno, siamo tornati. Tutte le case d'ambo le parti fuori della porta erano in fiamme". Alla porta stessa appiccò il foco Manara di sua mano, quasi per impedire che il nemico potesse chiuderla un'altra volta. E poi lieti della vittoria, egli e i suoi, pensarono poter tornare in città; e dietro loro, a onde, le turbe armate, che già da più giorni combattevano fuori le mura. Era un impeto di curiosa ansietà, che nessuno colà pensò con provido consiglio a raffrenare.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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