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      A Sondrio, il 22, le truppe consegnarono al podestà il castello, con tutte le armi; la Val Tellina rimase tutta libera, sino al confine del Tirolo. La strada militare era già intercetta sulle dirupate rive del Lario; quivi si ordinarono tosto a custodia "800 armati di fucile, e 18 cannoncini di montagna coi loro artiglieri; e su tutte le alture vennero ammucchiati sassi, e assegnati i posti a quelli che non avevano fucili, e furono ordinati in corpi di lapidatori". Una colonna di Lecco era già oltre Monza; e congiunta a quei cittadini, e ai drappelli di Merate e d'altre terre della Brianza, "la sera affrontò le palle del nemico lungo la linea dei bastioni; si vide cadere a lato il valoroso Borgazzi; e per mezzo a incessante moschetteria, entrò in città per Porta Comasina".
      A Bergamo, anzi l'alba, tra il favor delle tenebre il nemico aveva sgombrato una caserma, "scalando muri per di dietro", e abbandonando morti e feriti, che il popolo irrompente portò all'ospitale. Nel corso del giorno, la guardia della Polveriera si disperse per la campagna; e vennero derelitte tre caserme, raccogliendosi i superstiti 1200 uomini in una sola; d'onde, qualche ora dopo mezzanotte, scesero nella valle a settentrione della città, che come contraria alla direzione del nemico, i cittadini non custodivano. E di là, con lungo giro, varcato il Serio, poterono mettersi in cammino verso il convegno generale delle truppe presso Crema, sebbene perdendo uomini e robe "ad ogni passo, per molestia di chi li inseguiva e delle popolazioni che alzavansi in ogni dove". Accorrevano a Bergamo armati delle valli Brembana e Seriana.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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