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      I nemici del popolo avevano naturalmente più caro trarlo alla sconfitta e alla sommissione, che non guidarlo a potenza e libertà. Il primo artificio fu quello di negare la sua vittoria.
      Non fu senza un accordo calcolato che i giornalisti d'Italia e quelli d'Oltralpe anticiparono univoci la guerra del re, inventarono numero e nome dei battaglioni, e li descrissero, alla tal ora e al tal giorno, in atto d'entrare per le mura, a salvare un popolo temerario, che si era posto in un pericolo superiore alle sue forze, e che da quel momento fu condannato nell'opinione dell'Europa a infinita gratitudine verso i suoi redentori, a cieca fiducia, ad abietta rassegnazione. Gli adulatori magnificarono immensamente tuttociò che il popolo non aveva fatto; e vilipesero tanto l'opera sua, ch'ei quasi ormai sorrideva di quel suo sogno d'aver vinto, anzi d'aver combattuto. Campione delle barricate divenne sopranome faceto. Si commise alli scribi regii di renderlo odioso. "I professori di barricate, visi incancreniti dai vizi e dalla lussuria", scriveva l'ignobile Ciro D'Arco. E domandava: "debbo io ripetere che lo stesso movimento di ritirata di Radetzky - non fu determinato che dal movimento delle truppe piemontesi?". Il nemico non si era ritirato avanti a chi lo incalzava colle carabine e colle barricate mobili: a chi gli aveva tolto i forni da cuocere il pane: a chi aveva atterrati, ad uno ad uno, i suoi cannonieri e spento il foco de' suoi cannoni: e tratti i Varasdini e i Prohaska a sfilare senz'armi al cospetto dei rappresentanti del popolo: e strappata dalla lettiera del maresciallo la sua sciabola: e costretto l'italivoro Schönhals a raccomandare le donne tedesche alla santa filantropia della canaglia latina.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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