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      Mentre essi inveivano contro gli stranieri che potevano essere amici, non volevano riconoscere quei nemici che pur troppo non erano stranieri.
      Non così l'Austria. Essa ritorse contro l'unità italiana lo stesso sforzo che altri faceva per raccogliere sotto un sol principe diverse parti d'Italia; essa ritorse contro l'unità ungarica quello stesso moto delle nazioni che tendeva a smembrare l'imperio; adoperò il nome slavo per infiammare i croati e i sirmiani, e dividere fra loro i boemi; contrapose ruteni e polóni, sàssoni e romeni; adoperò il tricolore teutonico per trascinare la gioventù viennese contro la gioventù italiana, stornando due pericoli in un colpo, e distruggendo in un sol combattimento due nemici. E pur troppo codesti tricolori che trassero i popoli a infliggersi tanto reciproco danno, e a rifare coi loro odi e colle loro borie la potenza delli oppressori, annunciano solo una tradizione di barbara nemicizia, madre d'ogni conquista e d'ogni servitù; annunciano un voto di guerra perpetua; poichè dovrebbe durare finchè durerebbero le nazioni. Uno solo è il vessillo del quale non potranno mai giovarsi gli oppressori; è il vessillo di tutti; il vessillo dell'eguaglianza, ossia della giustizia; il vessillo della libertà e della umanità. Esso non apparirebbe straniero al soldato italiano, nè al francese, nè al tedesco, nè all'ungaro, nè al polacco. Esso annuncierebbe come ogni popolo che combatte per l'altrui libertà, combatte per la sua; essendochè ogni popolo servo è un'arme in pugno ai nemici della libertà; è un pericolo perpetuo, una perpetua minaccia al genere umano.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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