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      Per conseguenza, il governo provisorio invita tutti i cittadini a riprendere al più presto, e possibilmente entro la giornata del 27 (lunedì), le ordinarie loro occupazioni, aprendo botteghe e lavoratoi, e tornando all'operosa loro vita". E un altro editto di quel giorno richiamava perfino pochi pompieri dilungatisi coi volontari a tribolare il nemico; che per verità in quella matina aveva ancora la sua retroguardia in Lodi. E i cittadini, non potendo ben sapere quanto efficacemente fosse conquiso e avvilito, e imaginandosi che fosse uscito di Milano solo per adunar viveri e gente, lo attendevano ad un nuovo assalto, vegliando in armi nelle insanguinate loro vie e, lungo i bastioni, sui ruderi delle case incendiate; cure tutte che parevano ai governanti superflue e quasi importune.
      Si dovrebbe credere che il governo avesse almeno esso quella fiducia nel re che si studiava infondere altrui; ma non è così. In quel giorno medesimo in cui voleva che i cittadini tornassero dall'armi "all'operosa lor vita", scriveva al Martini: "Si desidera che le operazioni militari siano spinte colla massima energia". Il 28 rispondeva Martini d'averne tosto parlato al re in Voghera: "Parlai diffusamente dell'assoluto molteplice bisogno di maggior rapidità nelle mosse militari". Replicava tosto il governo (30 marzo): "Non puossi dissimulare che le mosse delle truppe piemontesi non rispondono finora alla nostra fiducia ed alla publica aspettazione". E domandava che il Martini proponesse "quelli espedienti a cui si potesse ricorrere, per ottenere che l'alleanza sarda produca effettivamente i frutti che la nostra lealtà aspetta da quella dei nostri ausiliarii".


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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