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      Io la prego, scriveva Filippo De Boni al conte Casati, di offrire il mio ingegno qualunque si sia e la mia vita al primo governo creato dal popolo nostro. E questo che io le dichiaro in mio nome, è pure la voce, il sentimento de' miei fratelli d'esilio annunciatori dell'Italia del popolo; i quali di Svizzera, di Francia e d'Inghilterra ora muovono verso la Lombardia per affrettare con la spada sabauda la nostra indipendenza; nè altro dimandiamo che avere la nostra parte nei pericoli e nelle fatiche, salutare la libera e Una Italia e morire
      . Queste eloquenti parole ci mostrano come i fratelli d'esilio avessero deliberato in commune che Carlo Alberto avesse, non solo la zona settentrionale, come volevano il Bianchi-Giovini ed altri, già da più lungo tempo disertori della republica, ma l'Italia Una; ch'è quanto dire l'Italia Tutta. Era un antico loro sogno del 1831; pure quei più larghi donatori furono gridati (e lo sono ancora) odiatori del re, folli ed atroci. Ma è certo che chi più temeva una tanto improvisa grandezza del re fu sempre, e a ragione, la sua Torino; la quale già nella zona settentrionale, si vedeva troppo remota dal centro dello spazio e degli interessi, e nell'Italia Una doveva aspettarsi, non meno del governo provisorio di Milano, un'irreparabile sommersione.
      Era quella (e non già la forma di governo) la più grave controversia che fosse allora tra gli uomini dell'Italia Alta, servilmente principeschi, e gli uomini dell'Italia Una, principeschi solo per ripiego e per disperazione di raggiungere per altra via la contemplata unità, posta da loro inanzi ad ogni libertà. A ciò alludeva il loro capo, quando, la sera stessa del suo arrivo in Milano, dapprima al balcone della sua locanda, poi all'opposto balcone del palazzo Marino, in mezzo ai membri del governo provisorio, diceva a coloro che i sergenti del governo avevano a lume di torce chiamati a udirlo, quanto "egli desiderasse di mettere d'accordo le sue idee sull'Italia coi membri del governo provisorio". Al che seguivano gli applausi del satellizio e delle turbe, or dal lato della piazza ove siedeva il governo, or da quello ove era la locanda dell'oratore, or da quello ove erano le case della signora d'Azeglio, or finalmente dal vicino palazzo Poldi, dimora del conte Casati e della principessa Belgioioso.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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