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      Romagnosi afferrò quel detto d'Erodoto, che la dottrina dei Cabiri, il culto di Dionisio e i numi egizi, approdando in Grecia da diverse parti e a lontani intervalli, si confusero alfine in una sola religione; e suppose che per egual modo i collegi braminici conducessero mano mano ad unità le svariate credenze che incontravano già divise nel vasto seno dell'India. E per verità, chi ben consideri, viene a indurre che con opera profonda e perseverante strinsero nella robusta loro mano un fascio di più religioni, e le ridussero ad apparir mere variazioni rituali d'una fede sola.
      Sotto tre aspetti principali rappresentano i bramini l'essere supremo; l'uno astratto e scientifico, l'altro concreto e vulgare, il terzo spirituale e contemplativo. Nel primo videro solamente la [789] sustanza, l'ente; lo chiamarono Brama; e lo tennero indifferente al bene e al male, come incidenze che non tolgono il principio dell'essere. Questa divinità, non in atto, ma in potenza indeterminata non eccitava speranze né timori; epperò non ebbe feste segnate al calendario, né templi, né devoti che al modo indiano s'imprimessero il fronte coi segnali del suo culto. - Nel secondo aspetto rappresentarono i bramini la potenza determinata e attiva, che muta indefessamente le forme onde si veste l'esistenza; e gli posero il nome di Siva e lo fecero Maha Deva, cioè Magno Dio, animatore della natura; ministro di tutti i beni e di tutti i mali, dispensatore della vita e della morte, come presso i Romani il nome di Libitina dinotava in uno la Dea della morte e dell'amore.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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