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      Due soldati della scorta del vescovo Heber di Calcutta, presi da repentino morbo, protestarono rispettosamente di voler piuttosto morire che toccare la bevanda ristoratrice che il buon prelato apprestava loro di sua mano. Per l'uomo d'altra casta nessuna umana cura, nessuna pietà; potrebbe morire in mezzo alla folla, senza che una mano si stendesse a soccorrerlo, senza che un occhio si volgesse a lui. Ogni casta è un mondo a sé; non cura e non sa che si operi o si pensi dalli altri viventi; né tiene altra regola della vita che le millennarie tradizioni de' suoi padri; né alcun'altra nozione del bene e del male. Quindi ogni discendenza ha le sue virtù e i suoi vizi, li esagerati suoi rigori, e le inemendabili sue turpitudini. In alcune tribù militari è approvata la pluralità delle mogli; in quella dei Nairi una donna è sposa a tutti i fratelli; in quella dei Tulti appartiene a tutto il parentado. In generale la legge braminica tiene la donna in perpetua minorità. Il padre è il suo signore nell'infanzia, il marito nella gioventù, il figlio nella vecchiezza: ella non può leggere i libri sacri; non ha parte nella paterna eredità; non può sedere a mensa col marito; è soggetta al divorzio, soggetta alla poligamia; e nelle tribù militari talvolta moriva abbruciata sul rogo del marito. - Alcuni, per avvicinare alla nostra comprensione questa strana perpetuità delle caste, le volle assimigliare a quella legale disparità, in cui vivono tuttora fra noi li israeliti e i cristiani. [795] Ma non è così; dacché alcune legislazioni concedono fra questi il diritto delle nozze, e quasi tutte lasciano communi li altri godimenti civili; e infine l'israelita può da un istante all'altro farsi cristiano, aspirar, se vuole, al sacerdozio.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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