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      Sui lidi del Malabar avevano essi trovato una tribù di cristiani che sembravano profugi dalla Siria, poiché, dissimili anche nel sembiante dai vicini popoli, celebravano li officii sacri in lingua siriaca, obedivano al patriarca nestoriano d'Antiochia, anzi, per antica tradizione, riferivano l'origine loro ai discepoli dell'apostolo Tomaso. Le caste indiane, nella pacifica loro indifferenza per tutto ciò che fanno li uomini d'altra stirpe, li avevano lasciati reggere da proprio principe, forse per un migliaio d'anni; anzi veneravano la memoria d'un pio straniero ch'era perito nei primi tempi di quella colonia; e in onor suo deponevano alcune offerte su un colle vicino a Madras, che perciò si chiamò il monte di San Tomaso. All'arrivo inaspettato dei Portoghesi il popolo nestoriano venne con giubilo da' suoi monti a salutarli nel nome di Cristo, e offerse all'ammiraglio un bastone vermiglio, adorno di campanelle d'argento. Due di essi vennero in Europa con Cabral; e uno scrisse il suo viaggio, sotto il nome di Giuseppe Indiano, e morì a Venezia. Ma i Portoghesi dissero che il bastone vermiglio era scettro di re, e che l'offrirlo era stata professione d'irrevocabile sudditanza; l'arcivescovo Menezes di Goa, che fu poi vicerè di Filippo II in Portogallo, impose loro d'adottare il rito latino; ma quando amministrò loro la confermazione, essi con orientale ritrosia si offesero ch'egli toccasse in viso le loro figlie; sospettarono che quell'atto le costituisse per avventura sue schiave; si levarono a tumulto; e quando poi un antistite nestoriano, giunto loro nuovamente dalla Siria, fu messo a morte dal Santo Officio di Goa, si ritrassero nei loro monti, e ruppero ogni commercio coi Portoghesi.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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