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      Altro è turbare il dominio dell'India all'Inghilterra, altro è collocarsi in suo luogo.
      Ma il campo della politica non può essere il nostro. Noi più che a questa fugace fortuna delle conquiste, dobbiamo rivolgere i nostri pensieri all'interna istoria delle umane stirpi, alle tenaci loro tradizioni, al lento cammino della civiltà, che nello svolgersi serba sempre vestigio in ogni nazione della primitiva sua forma. Il principio dell'intelligenza nazionale delli Indiani è nella dottrina dell'ente, ossia nel panteismo; il suo principio religioso è la santificazione per mezzo dei riti e delle penitenze; il suo principio sociale è la casta; il suo principio amministrativo è un'agricultura per conto [825] communale; l'individuo è sempre assorbito nel vasto vortice di un'esistenza che non gli appartiene; egli non è conscio a sé della sua libertà, quasi appena della sua volontà; nessun moto spontaneo d'emancipazioni, nemmeno sotto l'urto della convivenza straniera.
      Qual è l'effetto che la dominazione britannica apporterà in questo antico fondamento della civiltà indiana? La Compagnia fin dal suo nascere represse l'immigrazione del popolo britannico, contrariò perfino le imprese dei missionarii; essa vi fa passare successivamente le sue generazioni di magistrati e di militari, che, raccolta la concessa misura di peculio, ritornano pallidi ed esausti a ruminarlo in seno alla fredda patria. La loro progenie non regge al clima; i figli dei reggimenti cadono sul limitare della gioventù; le discendenze miste si smarriscono nel mare della popolazione e nella prevalenza dei costumi nativi.


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Dell'India antica e moderna
di Carlo Cattaneo
pagine 63

   





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