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      Da quel giorno non v'era più esercito. Le nostre leve componevano bensì parecchi buoni reggimenti; ma erano disperse nei lontani presidii della Galizia, dell'Ungaria, del Voralberg, di Praga, di Vienna; e i loro ufficiali; per ciò che abbiamo detto, erano in gran parte Germani o Slavi.
      Un insurgimento di popolo non pareva dunque la prima cosa a cui pensare. La Lombardia è piccola parte d'un imperio più vasto della Francia. Sommoverla a tumulto, era esporla senz'esercito alla vendetta di generali feroci, abbandonare le città nostre alla rapina, le famiglie nostre alla violenza dei barbari; cimentare le speranze stesse della libertà. Chi amava la patria, doveva arretrarsi a quel pensiero, e rivolgere la mente a meno incerti e men disastrosi disegni. Era fatto palese che le finanze imperiali stavano in mali termini, e che le diverse nazioni, fatte conscie di sè, tendevano a smembrare l'imperio. A poco a poco l'esercito imperiale sarebbe caduto nell'impotenza e nella dissoluzione; poichè ogni popolo avrebbe cominciato a tenere a sè i suoi denari e li uomini, e ad armarsi in casa propria. In mezzo a codesto disfacimento, i doviziosi sussidii che dalla Lombardia sola si potevano sperare, avrebbero adescato il ministerio medesimo delle finanze a farsi nostro sostenitore contro li arbitrii della polizia, e a venderci a ritagli la libertà; e infatti i banchieri viennesi, nel dissesto imminente delle finanze, avevano già sollecitato più volte il Consiglio di venire a qualche temperamento con noi.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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