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      Anche senza la speranza di conseguire le desiderate innovazioni, era già un vantaggio e un avvedimento il venirle publicamente additando e dichiarando. Era omai troppo fastidioso l'udire li Austriaci vantarsi delle nostre pratiche intorno alle communità, al censo, alle strade, alle irrigazioni, alli argini, alle espropriazioni, e alle providenze di salubrità e carità, appunto come se fossero cose apportate fra noi da quei loro paesi, ove sono e lungamente saranno lontani desiderii. - Codeste savie istituzioni sono cosa nostra, essendoci tramandate alcuni dai nostri antichi, e fondate altre da quei liberi nostri pensatori ai quali Maria Teresa aveva lasciato governare i suoi ducati di Mantova e Milano. L'opposizione illuminava il paese, mostrando che il bene era di casa nostra, e omne malum a septentrione.
     
      Ma mentre questa lutta legale introduceva fra noi certa disciplina, accostumandoci ad assecondare un impulso commune, ella ci piegava altresì a seguir coloro i quali il governo austriaco aveva potuto incaricare d'esser capi del paese. Si radunavano essi intorno a Casati e Borromeo. Il conte Gabrio Casati, podestà di Milano, non aveva la dignitosa indolenza delli altri patrizii; ma irrequieto e avido di titoli e decorazioni, non si vergognava di farne incetta. Erasi meritato dall'Austria l'ordine della corona ferrea, e la reiterata nomina di podestà. Ma quando gli parve intravedere che la casa Savoia potrebbe avere occasione d'allargarsi in Italia, egli, per tenersi presto ad ogni evento, erasi procacciato anche l'ordine savoiardo di S. Maurizio.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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