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      La risolutezza e l'audacia che fin dal primo istante mostrarono i combattenti, fecero credere al nemico che una mano forte e sapiente governasse ogni loro moto; il che appare dalla relazione che Radetzki stesso inserì nella Gazzetta Universale. Impauriti dal suono a martello che sommoveva tutta la città, preoccupati dal pensiero d'assicurare le communicazioni fra i tanti posti quà e là sparsi, e di salvare i loro officiali e impiegati, li Austriaci si turbarono la mente, obliarono ogni più opportuno provedimento, e fino a due milioni di denaro sonante, deposti nelle varie casse della città. Il vecchio Radetzki medesimo, dopo avere affaticato sei mesi a scavare il sanguinoso abisso in cui sperava precipitare il popolo, si salvò con vil fuga in castello, dimenticando nel suo palazzo perfino il suo farsetto e quella sua spada, ch'egli nei grotteschi suoi proclami millantava da sessantacinque anni irresistibilmente vittoriosa.
      Alle otto della sera, Radetzki scrisse ai municipali, intimando loro di disarmare la guardia civica; conchiudeva dicendo: "mi riservo poi di far uso del Saccheggio e di tutti li altri mezzi che stanno in mio potere, per ridurre all'obbedienza una città ribelle; ciò mi riescirà facile, avendo a mia disposizione un esercito agguerrito di centomila uomini e duecenti pezzi di cannone".
      Il castello è un ampio quadrato, centro dell'antica fortezza, di cui Napoleone fece smantellare il poligono esterno; perlochè resta diviso dalla città per vasto spazio. Da quel ricovero, Radetzki spingeva le due braccia dell'esercito lungo al curva dei bastioni, cingendo e minacciando da quelli alti terrapieni tutta la città e separandola dalla campagna.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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