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      Credete voi, signore, io gli risposi, che l'onor militare ci assicuri dalla polizia e dal giudizio statario? Chi può dire che le ostilità sospese non vengano a ripigliarsi da un momento all'altro, per il fatto proprio d'un soldato o d'un cittadino? Dopo aver provato le primizie della vittoria, è difficile che i cittadini si rassegnino a soffrire più a lungo la presenza dei soldati stranieri. E' già il terzo giorno che il tocco delle nostre campane chiama all'armi il paese intorno; il fragore del vostro cannone deve essersi udito fin dentro la frontiera svizzera o piemontese. Senza dubbio, in questo istante i nostri amici sono in via per soccorrerci; assediati come siamo nel centro della città, non ne abbiamo certa notizia; pure dall'alto dei campanili scorgiamo moti insoliti. E' ben certo ad ogni modo che il suono a martello deve giungere d'un campanile all'altro sino ai confini del regno. Se, data la parola dell'armistizio, vedessimo poi le vostre truppe approfittarsene per piombare al di fuori sui nostri amici, noi non potremmo rimanere testimonii impassibili, senza esser chiamati vili da loro; nè potremmo uscire a soccorrerli, senza esser chiamati perfidi da voi. Signor maggiore, una delle due: o il combattimento deve continuare per tutta la superficie del paese: o l'incendio si deve spegnere allo stesso tempo dappertutto, col separare dappertutto i due elementi nemici. Se il vostro maresciallo è veramente mosso da senso di umanità, una cosa sola può fare; può lasciare nel regno i soldati italiani, che formano una parte considerevole del suo esercito, e condur fuori dal confine tutti li altri.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315