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      Recatomi tosto a lui per dimandargli schiarimento del suo procedere, non appena ebbi agio ad aprir bocca ch'egli corse ad abbracciarmi; e li altri vecchi suoi colonnelli e commissarii mi soprafecero tutti di carezze. Non sapendo omai più come lagnarmi: "Volete dunque, dissi loro, che quei poveri volontarii che hanno fatto quattro marcie per avere lo sfogo di tirare una fucilata alla bandiera austriaca, tornino ai loro monti come sono venuti, perchè voi siete inesorabili in una regola che non val più. Non volete che si avventurino in campo aperto contro corpi regolari? Prima di tutto, è assai dubbio che un esercito il quale si ritira in disordine e senza cannonieri, possa dirsi in regola; è dubbio parimenti che sia da chiamare campo aperto un paese tutto intralciato di campi e di fossi, anzi di vere paludi, i mosi di Crema. E poi dove si può dunque inseguire il nemico, se non dov'egli è?" - I veterani terminarono coll'adattarsi al mio parere; e subito il generale spedì a Manara e Arcioni, ch'erano a Treviglio colle loro colonne impazienti e frementi, l'ordine d'andare inanzi. Al mattino del 28, entrarono in Crema, nel momento che la retroguardia di Radetzki usciva per la porta opposta. Furono primi a varcare il Serio, l'Ollio, il Clisio; in tre giorni erano giunti sopra Salò, e vi coglievano i nemici in atto d'ammanire una cena e d'estorcere una contribuzione. Saliti tosto sulle vaporiere del lago di Garda, che i bravi litorani avevano già prese, costeggiarono per Desenzano; e si spinsero fino a bersagliare i cannonieri nemici sulle batterìe di Peschiera.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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