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      Nei primi d'aprile tragittarono il lago; si cacciarono tra Peschiera e Verona; e sotto il cannone nemico predavano cinquecento barili di polvere.
      Il lago di Garda è il nostro confine verso la Venezia e il Tirolo. Nella terra della patria, il campo a noi sortito era libero. Onore ai volontarii ! Essi tennero quella frontiera, pugnando non solo contro il nemico, ma contro li alpestri ghiacci e la più cruda penuria. La tenevano ancora ai primi d'agosto, quando il magnanimo re era già fuggito nel suo regno.
      All'efficace e immediata formazione d'un esercito si opponevano difficoltà morali che nessuna solerzia e costanza poteva superare. I servili avevano desiderio e lusinga che si potesse far senza un esercito veramente nostro. Pareva loro che bastasse consegnare il paese al re; a lui toccherebbe poi conservarselo a suo modo; sarebbe affar suo; volevano conquistar per procuratore vittoria e libertà. A fronte di sì stolte e codarde risoluzioni, non potevamo noi rimanere lungamente a capo d'un'amministrazione di mero apparato, senza soggiacere un giorno a vituperosa responsabilità. Vedevamo prepararsi non remoto un finale disastro; e l'avevamo annunciato nella sala medesima del governo provisorio fin dal 24; e con parole che allora parvero acerbe, e che in fine furono ripetute da molti. E ora più che mai.
      Già si vedeva che in poche settimane ogni cosa rimarrebbe assorta nel vertice dell'autorità regia. Si parlava già di affidare il nostro ministerio della guerra a un generale piemontese.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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