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      Vittorioso, discendeva le Alpi arbitro e re. Vinto, non aveva le amarezze e le ignominie d'un'ambizione delusa.
      Il re doveva accettare il consiglio che, pur troppo contro l'animo nostro, gli mandavamo dal mezzo delle barricate: esser generoso coi generosi. - Ma non appena aveva trapassato la frontiera: non appena i titubanti suoi scorridori avevano raggiunto i vittoriosi volontarii nostri sul Benaco e sul Mincio : e già stendeva la mano sleale a mendicare l'anticipata paga delle sue fatiche, facendoci bassamente intendere ch'egli sino a quando quel prezzo non fosse chiaramente pattuito, non farebbe opera decisiva. Vaneggiava che la vittoria rimarrebbe aspettando sempre il suo regal beneplacito.
      Intanto i suoi satelliti si maneggiavano in Piacenza, per fargli decretare prematuramente la sovranità di quello stato, in luogo del Borbone, come se un altro Borbone non regnasse in Napoli. Il quale, costretto parimenti dal volere dei popoli, spediva pure soldati in difesa della causa italiana. Onde, fin da quei giorni mi ricorda d'aver rimproverato a certi settarii di Carlo Alberto, che quelle brighe loro avessero già spento nel nascere la lega dei principi d'Italia, onde Carlo Alberto si ridurrebbe a sostener da solo e con forze inadeguate la nostra guerra. - "Come potete mai sperare che il re di Napoli si presti ora a servire le cupidigie di un altro re? Se foste suoi consiglieri, potreste voi esortarlo ad aiutare il principe che gli spoglia i parenti? Il re di Napoli non ha fama di mansueto e maneggevole; ma se fosse pur tale, potrebbe mai porgere la mano al nemico della sua famiglia?


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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