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      Partiva deriso. Mandavano satelliti ad annunciare alle provincie la decisa volontà della capitale; e li facevano ritornare per le poste nella capitale ad annunciare il volere imperioso delle provincie. E il governo, dopo aver consunto nell'indegna comedia i pensieri e l'autorità che doveva spendere contro il nemico, usciva a lagnarsi ipocritamente : "che li animi non si fossero contenuti nei limiti d'una discussione nel suo ardore già pericolosa; che in molte provincie si fossero raccolte firme a migliaia, preludendo al voto della nazione con propagande fra loro contrarie, suscitando passioni, alimentando speranze; popoli, governi, città esortarlo a uscire di quel campo in cui si era trincerato". - Ma invece di frenare i perturbatori cittadini, e dare lo sfratto ai non cittadini, e rivocare con gravi parole i popoli al supremo intento della guerra, archietettava nel decreto del 12 maggio un dilemma, più storto ancora di quello di Bixio: "o il popolo riprenda il suo impegno di non voler parlare di politica; o si decida per quella fusione, che sola è naturale, sola possibile". O bisognava pertanto ammutolire: o giurarsi sudditi di Carlo Alberto. In questo grido stava pel governo provisorio tutto il possibile della politica.
      Ripeteva poi l'esortazione - "a fare dell'Alta Italia un inespugnabile baluardo, sotto quella augusta casa a cui la storia aveva assegnato il glorioso titolo di guardiana delle porte d'Italia". - Trista raccomandazione invero, quando l'istoria d'Italia dimostrava come non vi fosse stata terra mai con più sciagurata e vana guardia custodita.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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